La parola “icona” deriva dal greco “Eikon”, che significa immagine. E se chiudiamo gli occhi per un attimo e pensiamo al calcio, ci vengono in mente subito alcuni personaggi che hanno segnato la storia della nostra società.
l’icona è una figura o personaggio emblematici di un’epoca, di un genere, di un ambiente.
Rappresenta tutti i valori di quella determinata cosa, un segno distinto, una luce che illumina il buio della banalità.
Rappresenta aspetti concreti ma soprattutto aspetti sacri, magici e simbolici.
Quando chiudo gli occhi e penso al calcio, in mente mi viene spontaneo pensare al Re del Calcio, Il Re Pelé. O Rei Pelé.
Una volta hanno chiesto a Puskas, uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, chi fosse il miglior giocatore di calcio del pianeta. E Puskas rispose subito: -Di Stefano!. Allora il giornalista rimase sorpreso dalla risposta secca, ma Puskas confermò rispondendo nuovamente, si Di Stefano! Tu mi hai chiesto, qual’è il miglior calciatore di questo pianeta. Pelé amico mio, viene da un altro pianeta!
E di pensare che in brasile fino agli anni 10 del 900, i neri non potevano giocare a calcio, lo sapevi questo? Per poco non abbiamo perso lo sportivo del secolo, e di pensare che prima di lui, forse ci sono già stati dei veri fenomeni che purtroppo non hanno mai potuto vedere il campo di gioco.
Quanto siamo stupidi noi esseri umani, solo negli anni 40 dopo il mondiale francese, il calcio in Brasile è diventato più democratico, prima soltanto l’elite brasiliana poteva giocare, solo dopo lotte sociali e rivoluzioni nello sport più bello del mondo è diventato mondiale, nel vero senso della parola.
Meno male che Pelé non vide quel brutto periodo, è nato nel 1940, ma anche lui ha dovuto lottare per conquistare il suo posto, non nasce come Pelé, ma come Edson Arantes do Nascimento. Nasce in una piccola città, Três Corações, nello stato di Minas Gerais, Il 23 ottobre.
Povero, nero, in un paese difficile, e pure ha cambiato la vita di milioni di persone, anche quelle ancora non nate. Eh si! Il suo nome sarà ricordato per sempre, nasce nel 1940 ma non morirà mai.
Diciamo che Edson, un giorno ci lascerà, ma Pelé, no quello mai, Pelé ha vinto contro tutti, anche contro il povero Edson Arantes, che non ha avuto scampo.
Figlio dell’ex calciatore soprannominato Dondinho, il Signor João Ramos do Nascimento, che terminò prematuramente la propria carriera a causa di un infortunio al ginocchio, e di Maria Celeste Arantes, Edson fu inizialmente soprannominato Dico.
E sai cosa faceva il piccolo Edson per aiutare la povera famiglia ad avere qualcosa da mangiare a tavola? Già dai 5 anni, puliva le scarpe ai gentiluomini della città di Bauru, città importante per il futuro del giovane Dico.
Amava il calcio, il padre era ancora innamorato di quello sport, e il figlio ha catturato tutta la passione ma vista la povertà della famiglia, non poteva comprare un pallone, giocava con quello che trovava per strada, di solito con un calzino o degli stracci riempiti con carta e legati con un laccio, oppure con un frutto di mango.
Oggi molti bambini si lamentano spesso del pallone o delle loro scarpe marchiate, ma esistono ancora oggi bambini come Edson, che non hanno niente e si divertono di più.
C’è stato un momento chiave nella vita del piccolo Dico, un momento che ha segnato il tempo, una scintilla all’universo, una forza che non ha ostacoli, l’amore non ha confini e l’universo risponde.
Edson vede suo padre piangere, dopo la sconfitta della seleçao nella finale del mondiale brasiliano del 1950 contro l’Uruguay, e il piccolo guarda suo padre negli occhi e fa una promessa. Quella di vincere il primo mondiale di calcio della nazionale brasiliana.
Ora io mi chiedo, chi con estrema serietà, fa una promessa del genere ad un genitore? Solo un campione nel cuore a soli 10 anni, può chiedersi una cosa del genere! Può dichiarare al mondo e all’universo una cosa così.
Pelé iniziò a giocare da piccolo a Futsal e a calcio a 11, nella città di Bauru. Era tra i più forti della città, una stella che brillava nei campi, a volte improvvisati, dell’allora piccola città.
Giocò all’Ameriquinha e Baquinho, nettamente superiore a tutti i coetanei. Catturò l’attenzione di Waldemar de Brito, ex nazionale brasiliano, che lo ha invitato subito a giocare per la squadra che stava creando in quel momento.
Waldemar era impressionato dal bambino, non aveva mai visto un ragazzino correre con un pallone così veloce e con un imbarazzante naturalezza.
Per lui era così evidente che quel ragazzo fosse fuori dal comune, che lo portò a tutti i costi a fare un provino con il Santos.
Pelé allora aveva 15 anni, era magrolino e molto timido, ma quando Waldemar lo presentò al Santos, disse al club con molta fermezza, “Questo ragazzo diventerà presto il più forte calciatore del mondo”.
Fu messo sotto contratto nel 1956 e da subito, iniziò a giocare da titolare, era così forte che non poteva stare fuori dal campo. Di solito un ragazzo così giovane deve crescere e svilupparsi prima di essere buttato nella mischia, ma era così superiore a tutti che ogni regola o sistema non poteva essere applicato a lui.
Ha fatto soltanto qualche mese in primavera, ma dal 57 fino al 74 fu sempre titolare al Santos, segnando la storia del calcio mondiale, cambiando il paradigma del calcio, che prima non era il calcio che conosciamo, ma un altro sport ora dimenticato.
La scienza del calcio era cambiata, infatti il drammaturgo Nelson Rodrigues, ancora prima del mondiale del 1958, definì Pelé il Re del calcio, scrisse: “Ciò che chiamiamo regalità è, soprattutto, uno stato d’animo. E Pelé ha un vantaggio considerevole sugli altri giocatori: – quello di sentirsi re dalla testa ai piedi. Quando prende la palla e dribbla un avversario, è come cacciare, prendere per il bavero, un plebeo ignorante e pidocchioso”.
In Brasile dopo i primi mesi di Pelé con la maglia del Santos avevano già capito tutto, mancava per lui la consacrazione internazionale, il far risuonare il suo nome al di fuori del palinsesto brasiliano.
Non tardò molto la sua riconferma in palcoscenici più prestigiosi, perché dopo il maracanazo e la brutta figura della nazionale brasiliana nel 1954, eredità pesante di quegli anni di depressione calcistica dopo una sconfitta così pesante.
Ci fu nel 1954 anche la famosa battaglia di Berna, una delle partite più violente della storia dei mondiali, e il Brasile ne uscì completamente distrutto dalla favorita e spettacolare Ungheria.
Ma nel 1958, il calcio cambiò completamente, perché ci fu la maestosità di pelé a brillare in quel mondiale di calcio a soli 17 anni, da semi sconosciuto a vero Re del calcio.
In quel mondiale in Svezia, Pelé conquistò la gloria in poche partite, gli avversari sembravano dei birilli messi lì in attesa di essere buttati per terra a suon di “ginga”, Forza e intelligenza.
Quando tornò in Brasile fu dichiarato dallo stato, “Tesoro nazionale”.
Era il più giovane del torneo, il più forte del torneo, il più decisivo del torneo, il più importante del torneo, proprio lui, quel ragazzo nero e di origine poverissima, aveva conquistato il mondo ancora minorenne.
Da ricordare la tripletta segnata in semifinale con la Francia e quel gol in finale tra i più belli di sempre contro i padroni di casa, quel pallonetto immortale, quel gesto che ancora oggi ci fa rabbrividire, immagina nel 1958 cosa poteva essere!
Finisce quel mondiale con 6 gol realizzati, ma non sono i numeri di gol a fare clamore, qualcuno aveva anche fatto meglio di lui se sommiamo i gol, ma come sono stati fatti e contro chi sono stati segnati.
Gol di tutti i generi, di testa con un’elevazione al quarto piano, su azione dalla destra, dalla sinistra, da vero bomber. Insomma non si poteva chiedere di meglio ad un ragazzino al suo esordio con la nazionale.
E vi ricordate quella promessa? Bene grazie anche alla sua genialità il brasile conquistò il suo primo mondiale di calcio, una competizione che sembrava stregata per la nazionale, ma Pelé sconfisse qualsiasi forza contraria.
Diventò così importante, che all’epoca e per molti anni dopo, il suo nome dopo la “coca-cola” era il più conosciuto al mondo, anche più di Gesù!
E di pensare che Pelé è stato vicino a non andare a quei mondiali, che il numero dieci era il primo numero scartato da tutti, nessuno lo voleva portare, fu Pelé stesso a rendere la dieci mitica dopo quel mondiale.
Oggi non ci rendiamo conto, diamo per scontato tante rivoluzioni nel mondo del calcio dopo l’avvenimento Pelé.
Non si vince mai da soli, la nazionale brasiliana aveva altri mitici calciatori, come Garrincha e Didi. Spesso sottovalutati nella storia del calcio, ma quel ragazzo che giocava al Santos aveva una scintilla in più.
Era un calciatore completo, fisico importante, coordinazione unica, piede destro, piede sinistro, tiro, rapidità, tempismo, velocità, visione di gioco e davanti alla porta non sbagliava quasi mai.
Dopo quel mondiale incredibile iniziò a vincere con il suo Santos Tutto quello che c’era da vincere, da ricordare soprattutto le coppe intercontinentali del 1962 e 1963.
Nel 1962, doppietta in finale contro il grande Benfica di un certo Eusebio “la pantera nera” e nel 1963 una vera e propria battaglia contro un grandissimo Milan, vincendo il trofeo nella terza partita di spareggio, in un Maracanà con più di 120 mila persone.
Vinse 10 paulista, 4 Rio-Sao Paulo, 6 scudetti Brasiliani, 5 coppe do Brasil, 2 libertadores e come già detto 2 intercontinentali.
Con la nazionale sono stati 3 mondiali, nel 62’ lasciò il campo nella seconda partita del torneo sostituito da Amarildo egregiamente, fu Garrincha ha portare la nazionale sulle spalle senza “O
Rei”, nel 1970 invece fu protagonista di una delle nazionali più belle di sempre, forse la più bella da vedere in campo della storia.
Non vi sto a raccontare tutti i titoli individuali che ha vinto credo sia facile scoprirlo andando a fare una piccola ricerca su internet, la cosa che tengo a sottolineare di Pelé e l’amore che ha trasmesso alle persone.
Un’icona che è stato sempre applaudito dalle difese avversarie, forse l’unico a ricevere e dare un amore incondizionato.
Un eroe che parte dal quotidiano, dalla semplicità e purezza, per superare ostacoli che sembrano invalicabili, che stanno soprattutto dentro alla testa degli uomini.
Un eroe che nasce da condizioni avverse, difficili, e che porta con sé la speranza di tutto un popolo, di tutta una classe sociale, di tutti i sognatori, di tutti gli emarginati, di tutti quelli che credono che a volte l’impossibile diventa possibile.
“Il successo non è casuale. È duro lavoro, perseveranza, apprendimento, studio, sacrificio e, soprattutto, amore per ciò che stai facendo”, Pelé.