Il volo spezzato. Il calcio è spesso metafora delle vita: chi si brucia al sole, esplode troppo presto. Non avrà mai il tempo di fiorire con naturalezza, e realizzare tutto quello che promette.

Lo abbiamo visto tante volte: ragazzi autentici fenomeni negli Allievi e nella Primavera, che esordiscono con il botto in serie A. Titoli dei giornali, interviste, paragoni con i campioni del passato… e poi il declino, lento e inarrestabile, che conduce all’oblio della memoria, o quasi. Tanti esempi, dei quali racconteremo in queste pagine.

Il primo di cui ci occuperemo è Corrado Grabbi, che è davvero l’emblema di queste storie.

La storia di Corrado Grabbi inizia a Torino il 29 luglio del 1975 quando nasce da una famiglia prettamente juventina, nella quale il nonno Giuseppe era stato calciatore della Juventus dal 1921 al 1927, e il papà Luigi aveva militato nel settore giovanile bianconero.

E’ un ragazzo alto, dotato di buon fisico e ottima tecnica, inizia a giocare come centrocampista ma ben presto, visto il fiuto del gol mostrato, viene piazzato al centro dell’attacco e percorre tutta la trafila delle formazioni giovanili della Juve diventando ogni volta capitano della squadra.

E’ un talento, la Juventus lo tiene d’occhio di continuo, poi nella stagione 1993-94 lo manda a giocare nello Sparta Novara, in  serie D, dove  realizza 8 reti in 31 partite. Nell’estate del 1994,Marcello Lippi si insedia sulla panchina della Juventus e chiede alla società di riportare a casa Grabbi per inserirlo in pianta stabile nella rosa della prima squadra; Grabbi e Del Piero saranno i giovani talenti che dovranno apprendere da Baggio e Vialli per diventare i futuri campioni bianconeri. Il precampionato di Grabbi impressiona Lippi: il ragazzo ha talento da vendere, oltretutto si applica e lavora sodo in quella che è la stagione del rilancio juventino.

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Il campionato inizia bene per la Juve che dà vita ad un duello con il Parma per la conquista dello scudetto.

Il 6 dicembre del 1994 Grabbi fa il suo esordio in prima squadra nella partita di Coppa Uefa contro gli austriaci dell’Admira Wacker, poi, domenica 11 dicembre, allo stadio Olimpico di Roma si gioca Lazio-Juventus: Corrado Grabbi entra in campo e realizza una delle quattro reti della Juve.

Esordio con gol per il prodigio del settore giovanile, Marcello Lippi a fine partita si gode il suo gioiello e se lo coccola tanto nello spogliatoio che in sala stampa.

Grabbi sembra in volo, e per lui si prospetta un luminoso futuro.

Ma il suo boom, per quell’anno finisce lì; e da allora, comincia la solita girandola di prestiti in giro per l’Italia, tipica situazione per chi non ha le stelle costanti nel proprio destino, come Del Piero.

Grabbi si dimostra un buon attaccante, prolifico, tra Ravenna e Modena, ma non diventerà mai il campione che tutti si auguravano fosse.  Il treno è ormai passato, e il resto della carriera lo spenderà tra stagioni sfortunate, come a Terni, e prove imbarazzanti, come ad Ancona e nel Blackburn, e rare e buone prove, come a Messina o nell’anno con il Genoa, condite anche da incidenti stradali e da una rara malattia, il morbo di Leveraus, che lo mette in difficoltà persino nel camminare.

Oggi allena le giovanili della Juventus, ed è veramente curioso che sia tornato nel punto preciso della vita in cui la sua carriera promise di esplodere,e che invece si rivelò essere un triste volo spezzato.